LETTERA AL PADRE

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Esaminando la lettera che Giovanni Camusso scrisse  al padre Antonio da Milano, si nota immediatamente che non è datata; abbiamo cercato di darle una datazione studiandone il contenuto.

La  lettera   dice: 

 

[...] Oggi l’Avanti pubblica la foto di Vera Rol, moglie del Navarrini ex capitano della Muti ed ora incarcerato,  con la testa rapata, fotografata in Piazza Duomo[...]

     

 

Giovanni Camusso conosceva bene Vera Rol, le aveva dedicato anche un disegno preparatorio, forse per  un poster pubblicitario della rivista/operetta “Il diavolo nella giarrettiera” messa in scena dalla Compagnia di Nuto Navarrini con  musiche di Giovanni D’Anzi, famoso autore di canzoni. Lo spettacolo ebbe un grande successo di critica e di pubblico e fu  rappresentato anche al Teatro Reinach di Parma nel febbraio 1944.

Sia Vera Rol che Nuto Navarrini  erano simpatizzanti del regime e misero in scena spettacoli  di propaganda fascista, tanto che Navarrini fu nominato capitano onorario della Muti, (Legione autonoma mobile Ettore Muti), la terribile polizia politica e militare della Repubblica Sociale Italiana, protagonista di rastrellamenti e crimini che furono oggetto di un processo nel 1947.

Vera Rol fu anche fotografata in Piazza Duomo, a Milano, seduta in mezzo alla strada, mentre le stavano rasando i capelli tra gli applausi dei presenti. Solo nel 1946/1947  Navarrini e la Rol tornarono a lavorare.

L’ultimo, "fascistissimo" spettacolo della compagnia Navarrini-Rol fu "La gazzetta del sorriso", dove Vera Rol, molto applaudita per i suoi numeri di nudo, impersonava un' Italia molestata dagli americani (rappresentati da un violentatore negro) e Navarrini cantava "Tre lettere", una canzone di D’Anzi  violentemente antipartigiana.

Subito dopo la liberazione sia Navarrini che la Rol passarono molti guai, Vera Rol fu rapata e esibita come collaborazionista a cranio nudo per tutta Milano; la coppia venne processata e assolta per insufficienza di prove. "Nuto alla meta" commentarono i giornali, parafrasando il famoso slogan di Mussolini. Navarrini e la Rol riiniziarono a lavorare nel 1946-1947.

 

La lettera prosegue, fornendo un ulteriore indizio per la sua datazione:

 « […] Qui vendono pure le foto dell’ex-duce e della Petacci, già morti ed appesi per i piedi, a 25 lire l’una![…] »

 

Catturati dalla  "52a Brigata Garibaldina" il venerdì 27 aprile 1945 sulla piazza di Dongo, Benito Mussolini e Claretta Petacci furono fucilati il 28 aprile 1945 a Giulino, in provincia di Como.

I loro corpi furono portati a Milano in Piazzale Loreto nelle prime ore della domenica 29 aprile e appesi a testa in giù. Durante la mattinata giunsero numerosi fotografi ed una pattuglia di soldati americani con dei cineoperatori militari che filmarono la scena. Le fotografie furono vendute come souvenir nei giorni successivi.

 

 Gli avvenimenti narrati da Camusso sono del 28 aprile 1945; se ne deduce che la lettera al padre deve essere datata tra il  29  e la fine di aprile  1945.

 

 

All’inizio della lettera, Giovanni fa cenno alle motivazioni che lo avevano condotto da Bozzolo a Milano in un suo precedente viaggio:

 

[…]Lo sfondamento del fronte oltre Bologna mi sorprese qui a Milano dove mi trovavo da qualche giorno per la sistemazione dei pagamenti e per altre cose, oltre che per farmi curare dalla malattia contratta chissà dove e riscontratami già da vecchia data[…]

 

Un’altra importante notizia fornitaci è quella del suo licenziamento dalla Caproni. La lettera prosegue dicendo:

 

[…]Ora sto facendo un esposto al Comitato d’Agitazione Operaia della Caproni, trovandomi  io nel caso d’un danneggiato politico essendo stato licenziato dopo l’8 settembre […]. Se il mio ricorso avrà buon esito, la Ditta mi deve pagare lo stipendio da allora fino ad oggi, che sarebbero 18 mesi a L. 2000, come minimo farebbero 36.000 lire. Ma credo sarà difficile ottenere qualcosa perché pretendono che dimostri d’aver aiutato il movimento insurrezionale. E sì che in casa mia fino a 8 giorni fa c’era nascosto proprio uno del Comitato, ricercato dalla Brigata Nera[…].

 

Benché alla Caproni, come nelle altre grandi fabbriche, ci fossero stati massicci licenziamenti, è evidente che Camusso non fu licenziato per riduzione del personale. L’atmosfera in fabbrica si era fatta sempre più oppressiva. Ed egli reagì con  grande coraggio civile e politico, non tollerando più il clima di intimidazione e di terrore all’interno della fabbrica. Nella lettera si sottolinea chiaramente il motivo del licenziamento…

[…] in seguito a rappresaglia di 4 (?) fascisti che avevo denunciato alla Commissione di Fabbrica d’allora […] 

[...]“Dall’agosto del 1943, a seguito dell’arresto di Mussolini, in previsione dell’uscita dell’Italia dalla guerra e della smobilitazione dell'industria bellica, oltre alla scarsità delle materie prime, il padronato milanese cominciò a cautelarsi: il numero degli operai occupati diminuì dell’8,8%, mentre l’indice delle ore lavorative eseguite calò di quasi 11 punti in settembre e 17 in ottobre. La massiccia ondata di licenziamenti colpì numerose fabbriche: la Caproni (6.000 dipendenti) ne licenziò 2.000….. A nessuno venne corrisposto il previsto pagamento del 75% del salario da parte della cassa integrazione, e i licenziamenti furono accompagnati dalla contrazione delle ore lavorative e dal mancato rispetto degli accordi aziendali tant’è che in novembre alla Caproni vennero ridotte le tariffe preventive del cottimo.” [...][De Biaggi  28.10.2015 ]

 

Tornando indietro di 18 mesi dall’aprile 1945 si può dedurre che Camusso dovrebbe essere stato licenziato nell’ottobre del 1943, praticamente poco tempo dopo l’8 settembre ed il motivo travalicava la crisi che in quel periodo colpì le fabbriche italiane.

 

Per una ragionata valutazione dellimpegno civile e politico di Giovanni in quel periodo è interessante leggere la frase successiva:

 

 

[…]Ma credo sarà difficile ottenere qualcosa perché pretendono che dimostri di aver aiutato il movimento insurrezionale. E sì che in casa mia fino a 8 giorni fa c’era nascosto proprio uno del Comitato, ricercato dalla Brigata Nera[…]

 

 

 La lettera è anche un piccolo affresco degli avvenimenti bellici di quei momenti: tedeschi che scappavano, partigiani che arrivavano, gli aerei americani che controllavano tutte le vie, mitragliando senza distinguere  […]se le macchine portavano fascisti, tedeschi o patriotti.[…]

 

Abbiamo anche un vivace  spaccato che descrive lintensità dei combattimenti sia dall’una che dall’altra parte:

 

[…]Per istrada ebbi sempre i cacciabombardieri per compagnia e da Cremona in poi, sulla statale non trovavo altro che automezzi, autoblindo e altro materiale fracassato e incendiato, parte rovesciato nei fossati, parte che ingombrava la strada e gli aerei si erano pure messi a cannoneggiare tutto quello che trovavano dimodochè viaggiai su schegge, bossoli e rottami fino a Bozzolo […]

 

[…]Di giorno, quadrimotori Liberator e Fortezze volanti a centinaia tartassavano la zona, poi i caccia a mitragliare e incendiare; di notte i Mosquitos idem, con fitto lancio di bengala, e scoppi che spalancavano le finestre, tanto che non si poteva più dormire. Poi automezzi tedeschi in un andirivieni continuo[…]

 

Camusso descrive in una forma quasi poetica, da testimone oculare,  la disfatta e la fuga, rassegnata e frettolosa, dei tedeschi:

 

[…]In linea d’aria eravamo a 20 km. dal fronte quando avvenne il crollo: Passano i tedeschi in fila indiana, rasente i muri delle case, per non farsi scorgere dai caccia, alla spicciolata, sporchi,  a brandelli, con i segni della disfatta sul volto. Passavano anche vestiti in borghese, mogi, impolverati, fuggivano in bicicletta, con sacchi ed armamento completo i primi, a mani vuote gli ultimi, dirigendosi verso la campagna, verso Cremona, verso Milano.[…]

 

Camusso delinea brevemente anche le truppe americane:

 

[…] I guidatori di automezzi hanno tutti i guanti di cinghiale. Si vede che è gente abituata a fare il signore. Quando si accampano, in un baleno piazzano le tende, ed hanno vasca da bagno di gomma con doccia fredda e calda. Bisogna poi vedere i loro mezzi meccanici per superare gli ostacoli.[…]

 

Giovanni Camusso, impedito a muoversi  dall’avanzata della V° Armata, tornava in bicicletta da Milano verso Bozzolo (Mantova), dove la famiglia si era rifugiata presso i nonni materni. In quegli anni,  Bozzolo era particolarmente vivace politicamente e culturalmente e Camusso trasse sicuramente spunti notevoli dalla frequentazione di quell’ambiente, riuscendo a dialogare con la parte più progressista del paese, senza prevenzioni di sorta!

 

Dai ricordi dei figli Grazia e Fabio, sappiamo che a Bozzolo il padre aveva avuto contatti con Don Primo Mazzolari una delle figure più carismatiche del Cattolicesimo italiano, antifascista e partigiano, con cui ebbe vari scambi di vedute

 

Durante questo fortunoso viaggio, nel trasferimento, sempre in bicicletta, da Bozzolo verso Mantova, ebbe modo di  essere accompagnato da [...] un Dott. del Comitato di Liberazione[…], che più sotto nella lettera identifica nel […] fratello della Dott. AMAL della Domenica del Corriere[…], identificato in Ottaviano Moretti Foggia. farmacista bozzolese noto come Giuseppe “Pen” Foggia,  personaggio di grande cultura,  collegato al Comitato di Liberazione Nazionale.

 

 

 

[...]sempre in compagnia del Dott. ci recammo da un mucchio di suoi conoscenti, tutti comunisti, e lì a bere cognac, grappa, birra, vino  e a mezzogiorno un gran pranzo, pagato dal Dott., che  è fratello della Dott. AMAL della Domenica del Corriere. [...]

 

 Tornato a Milano Camusso si lamenta  della difficile situazione alimentare.

 

[...]Qui la situazione alimentare è brutta. Sono stato due giorni senza pane, e stamattina sono riuscito ad ottenere un pane di polenta, che è un macigno. Peserà 5 Kg. Da Bozzolo ho portato del formaggio ed un salame e per ore tiro con quello [...]

E, in quei giorni di grande crisi, anche i problemi economici si facevano sentire. Nella lettera c’è un riferimento ad un mandato di pagamento dell’"Illustrazione del Popolo" da riscuotere.

[]Potrei consegnare una lettera a Busca, quando ritornerà a Milano e consegnare pure a lui l’ultimo mandato dell’Illustrazione del Popolo, che mi farebbe comodo in questi momenti[...]  

 

Si intuisce che per questa rivista Camus ha  lavorato anche nel 1945.

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